lunedì 22 dicembre 2008

Di nuovo a bordo

Ieri, ritorno in barca, dopo le settimane di maltempo.
A bordo tutto bene, secondo le aspettative: l'olio nel motore - dopo il recente cambio - è al giusto livello, dai candelieri appena risistemati non è entrata acqua, una secchiata d'acqua è entrata dal boccaporto di prua (come previsto) e si è dimostrata saggia la scelta di sollevare il pagliolato di quella zona.
Siamo in parecchi: tre adulti e quattro bambini.
Saliamo a bordo e sistemiamo le scotte con poca speranza: non c'è neanche un filo di vento. Per fortuna abbiamo con noi anche le canne per pescare e persino le esche (ma poi ci accorgiamo che alla canna da bolentino manca l'amo).
Dopo aver acceso il motore e sciolto gli ormeggi, che nelle settimane precedenti erano stati rafforzati e raddoppiati, finalmente salpiamo. Iniziamo a scendere il fiume, veloci nonostante il motore al minimo, in mezzo ai detriti.
Prima di arrivare all'imboccatura del fiume issiamo la randa e abbiamo una bella sorpresa: la barca sbanda sottovento. Nonostante le apparenze un po' di vento c'è.
Apriamo anche il fiocco e in breve siamo fuori, dopo aver superato il muro di onde che si creano sulla barra alla foce del Tevere. L'acqua è marrone.
Continuiamo un po' a vela e a motore. Quando finalmente spegnamo il motore il vento sembra calato ancora, ma decidiamo che una lenta andatura nel silenzio è comunque più piacevole di una andatura appena più veloce accompagnata dal borbottio del diesel.
Le lenze vengono calate: dopo la pesca americana i ragazzi sono diventati degli appassionati pescatori. Di pesce non c'è traccia, ma il vento inizia ad alzarsi.
Un po' fuori si vedono anche le crestine bianche e PatuPatu inizia a divertinsi.
Ci aspettano due ore a 6 / 7 nodi (che diventano 5 quando si risale la corrente), anche se navighiamo con la randa molto aperta per non far sbandare la barca.
Continuamo a rimorchiare la lenza e mentre torniamo verso il fiume, la canna improvvisamente si piega. Qualcosa ha abboccato e tira. Il filo che prima correva quasi parallelo alla superficie si inclina verso il basso. Non è la solita busta, stavolta è un pesce. Viriamo e allaschiamo un po' le vele per rallentare, finalmente si riesce a portare il pescione a vista.
Quando ormai è sottobordo vediamo che è un grosso cefalo, di 3 o 4 chili (o forse di più). Siamo ancora in mare, abbastanza distanti dal fiume ma l'acqua è ancora quella marrone di chiara provenienza e l'idea di dover pulire un pesce che ha passato la maggior parte della sua vita (non breve probabilmente) in acque non proprio pulite non ci attira molto. In breve decidiamo di lasciarlo andare, tanto più che non sembra troppo provato. Lo issiamo a bordo, sullo specchio di poppa, poi basta un piccolo taglio sul labbro, dove ha preso l'amo, e il cefalo è libero, cade in acqua e se ne va velocemente.
Noi intanto viriamo nuovamente e torniamo verso il Tevere.
All'imboccatura le onde si sono alzate un po', ma il vento ci da abbastanza potenza da consentirci di entrare a vela, contro la corrente ancora rapida. Accendiamo il motore soltanto una volta superata la barra e le sue onde inquietanti, quando ormai siamo nell'acqua calma del fiume.

martedì 16 dicembre 2008

Libri, disegni, barche, ricette


In barca in questi giorni non si può proprio andare: vento, pioggia e cattiva gestione dei corsi d’acqua concorrono ad impedire qualsiasi uscita, almeno dal Tevere. Domenica sono andato a vedere PatuPatu: la barca, che è ormeggiata all’Isola dei cavalli, l’isoletta che è al centro del fiume poco prima dell’estuario, non era neanche raggiungibile senza rischiare di essere trascinati via dalla corrente.
E’ un buon momento allora di scrivere un po’ di libri.
Ce ne sono due che ho trovato di recente a Roma, in una libreria, non lontana dalla libreria del mare di Via Ripetta, che porta il nome L’Aventure.
E’ una libreria specializzata in fumetti, soprattutto in Italiano e in Francese. Contrariamente ai loro vicini, specializzati in nautica, quando entrate a curiosare non vi guardano con un misto tra commiserazione e sospetto.
Chi ama la vela, le barche e il mare all’Aventure può trovare molti dei fumetti che magari venti o trenta anni fa hanno alimentato il suo amore: da Corto Maltese a TinTin, ai tanti autori belgi che erano pubblicati in Italia sul Corriere dei Piccoli e sul Corriere dei Ragazzi (ricordate Bernard Prince o Howard Flynn ?).
L’ultima volta che ci sono entrato, un po’ di tempo fa, ho trovato due libri a cui non ho saputo resistere.
Il primo si intitola “Voiliers et bulles en Mer”, di Paul Herman, pubblicato assieme da Glenat e dalla Chasse-Marée.
Il retro di copertina recita più o meno così “la navigazione a vela attraverso i secoli e i fumetti. Le barche che hanno affascinato disegnatori di talento, che le hanno affidate a capitani audaci. …Tutto questo per l’avventura e il piacere degli occhi”.
Dentro, una rassegna di avventure marine e di disegni fantastici, da quelli delle navi egiziane di Benoit Roels (Mystères d’Osiris) alle navi vichinghe discegnate da Eduardo Teixeira Coelho nelle avventure di Ragnar (che penso di aver letto da bambino), alle golette di “Le Passagers du Vent” di Francois Bourgeon (che era stato pubblicato in Italia su Corto Maltese) fino alle barche moderne dei disegni di Christian Perrissin e Enea Riboldi (Cap Horn) o di Benoit Roels (Bleu Lezard). Tutti titoli che varrebbe la pena di inserire nelle nostre biblioteche e che vale la pena di cercare un po’ su internet.

L’altro libro è interessante da altri punti di vista, quello dell’avventura, quello dei disegni e quello del gusto e della curiosità alimentare.
E’ un libro di ricette.
L’autore è Michel Pierre e il titolo è “Carnet della Cambusa. Le ricette di Corto Maltese” (Edizioni Lizard). E’ un quaderno di quasi 150 pagine con ricette ispirate ai viaggi di Corto.
La prima parte è intitolata “Profumi di gioventù” e comprende ricette spagnole (spezzatino di Toledo), asiatiche (Tartare Mien – o tot sua), dell’Europa settentrionale (Gratin di Haddock, fileti della Royal Navy) o anche italiane (stufato di tonno). La seconda parte è dedicata agli “Scali nel Mediterraneo”. Qualche titolo: pesce spada alla sarda, agnello alle mele cotogne, alici marinate, pollo alla carcassa, Imam Rayildi.
Seguono i “Sapori del Pacifico”. Tra gli altri: branzino alla cantonese, ceviche peruviano, pollo al curry verde, tiatrounga annamita.
Un altro capitolo è dedicato all’Africa. A fianco al “Pesce capitano al pomodoro” e al Thieboudjienne di pesce, al Nfian Ngond ai gamberoni, o alla Dafina marocchina si trovano ricette che forse nessuno cucinerà mai, ma che vale la pena di leggere, come quelle dedicate a “zampe e spezzatino di ventre di dromedario in salsa vinaigrette” o “di vipere e d’altri boa”.
Continuando a seguire le rotte di Corto Maltese, si arriva al “Tempo dell’Atlantico e delle Americhe”, dove si trovano – per esempio – le ricette delle cozze al limone e al coriandolo, delle melanzane alla brasiliana o dei granchi farciti all’antillana.
Ora non mi resta che cercare chi, invece di limitarsi a leggere le ricette, come faccio io, voglia farmele assaggiare.

martedì 9 dicembre 2008

Pirati

“Somalia: pirateria, nasce comitato direttivo per coordinare attacchi” è il titolo di due notizie pubblicate sul sito della rivista “Internazionale” (www.internazionale.it). La stessa rivista la scorsa settimana aveva dedicato un ampio servizio alla pirateria nel Golfo Persico, riproponendo per il pubblico italiano anche un reportage dalle coste somale.

La notizia della creazione di un coordinamento tra i diversi gruppi che praticano la pirateria sulle coste somale), così come i reportage, mostrano un fenomeno con alcune specificità, che lo rendono piuttosto diverso da quello della pirateria praticata in estremo oriente e su cui si sofferma il giornalista americano William Langewiesche nel suo “The Outlaw Sea: A world of Freedom, Chaos and Crime”.

La pirateria in Somalia sembrerebbe infatti un fenomeno nuovo, generato dall’interazione di alcuni processi. Lo sfruttamento dei mari somali dalle flotte di pescherecci di altri paesi, con un conseguente impoverimento dei pescatori locali, e il venir meno – successivamente all’invasione da parte delle truppe dell’Etiopia - delle forme di controllo del territorio e di costruzione di una nuova legalità che si erano costituite attraverso la formazione delle “Corti islamiche” in Somalia, da un lato.

Dall’altro, la presenza di una pluralità di interessi che interagiscono creando effetti inattesi:

- businessmen somali che finanziano la pirateria dalle capitali di tutto il mondo;
- pescatori locali che offrono la manodopera;
- armatori che pagano riscatti, ma che continuano ad utilizzare le stesse rotte;
- grandi agenzie della sicurezza (o gruppi di mercenari, che dir si voglia, come la “Blackwater”) che offrono i loro servizi;
- assicurazioni che alzano le tariffe;
- marine militari dei paesi occidentali che assistono in modo quasi indifferente (soltanto di recente sono state condotte azioni contro le imbarcazioni pirata) ma che mostrano la loro forza, non è ben chiaro a chi;
- villaggi costieri che grazie alla pirateria trovano una ricchezza mai avuta prima…

Sospetto che sia difficile sconfiggere questa pirateria sul mare e dubito molto che soluzioni efficaci possano essere di tipo militare. Ma, anche se inefficace, questa rotta è sicuramente la più appariscente e la più semplice da attuare.

venerdì 5 dicembre 2008

Fiumara







Fiumara è il nome che viene dato alla foce del tevere.
Fin dall'antichità - come dimostrano i magazzini di Ostia antica - Fiumara è stata uno dei principali porti di Roma. Nonostante il fatto che sia soggetta a piene e mareggiate e che il suo ingresso possa essere difficile e pericoloso con venti forti da Sud e da Est, Fiumara ha sempre ospitato barche di ogni genere.
Continua a farlo, con poca concorrenza da parte del più sicuro Canale di Fiumicino (costruito dai romani proprio per avere un porto più sicuro di quello costituito dal fiume naturale) o da parte del porto costruito a Ostia pochi anni fa (che offre servizi più di quanto non faccia il fiume e maggiore protezione per chi è dentro, ma ne diventa più pericoloso per chi deve entrare e per chi deve uscire appena c'è un po' di mare.
Fiumara è anche un luogo che ha un fascino particolare, che però rischia continuamente di perdere. Il fascino di un luogo vicino alla città e ai suoi palazzi ma che è rimasto "altrove" - in un altro tempo e forse in un altro spazio - con i vecchi fiumaroli e le loro regole e i casotti di pesca da cui la domenica proviene l'odore del pesce cotto sulla griglia appena pescato.