giovedì 19 febbraio 2009

Barche di altri mondi


Nonostante le attività imprenditoriali ed economiche globali di alcuni cantieri (come l’acquisto da parte dei cantieri Azimut della società brasiliana Intermarine) il mercato nautico italiano è caratterizzato da una visione piuttosto ristretta: le barche prodotte dai cantieri italiani, quelle dei grandi cantieri europei (Jeanneau, Beneteau, Bavaria) o di quelli molto cari (Swan, HR), di qualche cantiere australiano che fa barche di regata e di qualche cantiere americano, che magari produce anche in Europa.

Che si producano barche nel resto del mondo importa poco. Così come il fatto che nel resto del mondo esistano tradizioni nautiche anche più antiche di quella nostrana.

Tra le tante, una che mi ha sempre incuriosito è quella sudamericana, anche forse perché uno dei primi libri di vela capitati nelle mie mani veniva da lì (Juan Bader, Lo Sport della Vela, Mursia). I nomi noti della vela latinoamericana in Italia non sono molti: l’argentino German Frers come architetto, lo skipper Torben Grael (ma sarebbe mai stato conosciuto senza l’avventura di Luna Rossa?) e poco altro.

Eppure in America Latina, e soprattutto in Brasile e in Argentina, architetti e cantieri di qualità non mancano.

Iniziando con il Brasile, per esempio, qualche curioso potrebbe essere interessato ai progetti di Roberto Barrios, detto “Cabinho”. Certo un progettista con uno stile molto lontano da quello di German Frers o da quelli degli architetti che vanno per la maggiore in Europa in questo momento. Le sue barche forse non farebbero una grande figura in un salone nautico italiano, di fronte a un pubblico che non le utilizzerà mai se non per farle vedere all’ormeggio o – nel migliore dei casi – per noleggiarle a gruppi di turisti più o meno interessati alla navigazione.

Potrebbero apparire più interessanti, e fare migliore figura, però di fronte a un pubblico che voglia navigare e magari che abbia anche qualche sogno di navigazione lunga. Non è un caso che Amyr Klink (forse il più famoso dei navigatori brasiliani) abbia chiesto a Cabinho di disegnare le barche con cui ha navigato dall’Antartide all’Artide, con cui ha navigato dall’Africa all’America latina o con cui ha compiuto il periplo dell’ Antartide e vi ha trascorso un inverno.

Spesso sono barche con la carena a (doppio) spigolo, da costruire in metallo o in compensato, magari anche da soli. Non è proprio lo stile che piace di più in Italia. Ma non sono soltanto barche piccole. Tra le ultime realizzazioni di Cabinho e del cantiere “MetalicBoats” (www.metallicboats.com) che produce la maggior parte di esse, ce n’è per esempio una di 65 piedi in costruzione, dal nome eloquente Polar 65 (http://www.metallicboats.com/index2.asp?secao=63 ) e un’altra – riprodotta nel disegno riportato sopra – di 77 piedi.

Gli scafi possono apparire da lontano abbastanza tradizionali, ma visti da vicino presentano quasi sempre delle innovazioni, dall’adozione di due timoni e della deriva mobile, per limitare il pescaggio, all’aerorig, per facilitare la navigazione con equipaggio ridotto.

Ma si può guardare all’America latina anche per barche più “normali”, come per esempio quelle del cantiere MJ Yachts (http://www.veleirosmj.com.br/), che costruisce barche dai 25 ai 44 piedi. Alcune sono costruite su progetti di Bruce Farr, altre su progetti del cantiere. Il loro aspetto non appassionerà gli amanti delle stazze IMS, ma – come anche il loro prezzo e la loro qualità di costruzione – potrebbe interessare gli amanti della crocera.

Guardando fuori dell’Europa c’è un’altra barca che mi ha incuriosito. L’architetto è europeo – anche se forse il suo lavoro non può essere definito tale – ed è James Wharram. Sollecitato da un capo delle Isole Satawai, nel Pacifico del Sud Est, ha procettato un catamarano di 65 piedi, che potesse essere utilizzato per il traffico commerciale tra le isole. Costruito semplicemente, con un pescaggio di appena 120 cm e una capacità di carico di 8/9 tonnellate è così nato lo Islander 65, costruito dal cantiere filippino “Juncion Boat Works” per un’organizzazione non profit chiamata “OceanWatch” (www.oceanwatch.org ) che svolge progetti di conservazione ambientale e sviluppo locale sulle coste di Tonga, Vanuatu, Papua New Guinea e le Philippine.

C’è un altro curioso, forse ancora meno usuale, progetto disegnato per rispondere alle necessità del commercio tra le Isole del Sud Pacifico. Non penso che la sua costruzione sia mai stata completata, ma vale la pena comunque di ricordarlo. Disegnato a Philip C. Bolger, si chiama “Sir Joseph Banks”, è un ketch armato con sole rande (auriche, ma disegnate in modo tale da funzionare come le vele di giunca), lungo 95 piedi, ha un pescaggio di poco più di 3 piedi e una larghezza di circa 16. Oltre al fatto di non avere fiocchi e di avere il fondo piatto come quello di una “sharpie”, è caratterizzato dalla presenza di due derive laterali appese (come altre barche di Bolger, di dimensioni più piccole). Secondo il progetto potrebbe portare 80 persone o un carico di copra, con un piccolo equipaggio (http://bolger.wikidot.com/bolger:largeboats).

lunedì 2 febbraio 2009

La sfida dei pezzenti

Dopo un fine settimana in cui io - fidandomi delle previsioni meteo - sono restato a terra a disegnare pesci con Cristina, ma ritorno a parlare di vela.
Dopo molti anni è nuovamente stato bandito la "sfida dei pezzenti": un concorso per la costruzione di un manufatto in grado di navigare, con meno di 200 Euro, che sia costruito con materiali di comune reperibilità e che sia il più innovativo possibile.
La sfida si terrà a Sestri Levante, in settembre. Il bando si trova su "Cantierino.it" (http://www.cantierino.it/AGALLERIA/SFIDA%202009/a.html).