lunedì 18 agosto 2008

PatuPatu all'Isola d'Elba






Finalmente si lascia l'ormeggio a Fiumara. A bordo oltre a me ci sono Simonetta, Cristina e Paolo (equipaggio permanente) e un ospite (Maria Paola). Forse abbiamo lasciato Fiumara un po' troppo in fretta, è la prima volta che rimettiamo piede in barca dopo la lunga pausa dell'inverno.

Il primo giorno navighiamo, in gran parte a motore, fino a Riva di Traiano. Una navigazione lenta e un po' noiosa, che ha come unici elementi da ricordare la rottura del gps, che improvvisamente smette di funzionare, e un po' di nervosismo a bordo.

I guasti non sono finiti: appena usciti dal Porto di Riva di Traiano ci accorgiamo che la spia dell'alternatore non si spegne. Torniamo indietro e dal cantiere del porto ci mandano subito un meccanico. Come avevamo sospettato è proprio l'alternatore che ha smesso di funzionare. Pausa forzata: prima della serata comunque non saranno in grado di risistemarlo.

Ne approfittiamo per cercare un GPS nuovo, così non saremo costretti a fare affidamento soltanto sui rilevamenti costieri (dove sono possibili, visto che la rotta per le prossime mete - Isola del Giglio e Porto Azzurro – richiede di navigare abbastanza lontani dalla costa). Un GPS non si trova, ma una delle imprese che si occupano di elettronica di bordo nel porto (red marine) rimette in funzione il nostro vecchio apparecchio, reinserendo il software. Intanto equipaggio e ospite sono andati al mare, poco lontano da Riva di Traiano, trovando un'acqua insospettabilmente limpida e un fondale pieno di pesci.

Il pomeriggio il meccanico torna. In mano ha un alternatore ma non è quello che aveva prelevato la mattina. E' nuovo. Il vecchio non si poteva più riparare. In pochi minuti lo monta e anch'io in pochi minuti vado a pagare (un conto che quando dichiaro l'intenzione di pagare con un bonifico si alza del valore dell'IVA, che probabilmente prima era stata considerata come un “di più” non previsto).

La mattina dopo si riparte, ma intanto l'ospite è ripartito in treno. Rotta per Giglio Porto, il vento leggero da nord per quasi tutto il giorno ci costringe quasi sempre ad andare a motore. Arriviamo presto, in tempo per ormeggiare senza problemi in rada a Nord del porto. Pochi minuti dopo iniziano ad arrivare altre barche e in serata la rada è affollata. Restiamo a bordo, rigenerandoci con qualche tuffo.

La notte trascorre tranquilla, quasi senza rollio. Intanto iniziamo ad avere il piede più marino e a non avere più la fretta di arrivare. La mattina ripartiamo verso Porto Azzurro. Anche stavolta poco vento. Ma a vela un po' ci andiamo ugualmente.

Patu Patu, intanto, trascina dietro di sé una lenza nuova (le ultime erano state strappate da motoscafi disattenti). Inutilmente.

Arriviamo a vela a Porto Azzurro. Sotto costa però ci attende una foschia che rende invisibile l'ingresso del fiordo fino a poca distanza. Giusto il tempo di avvolgere il fiocco, ammainare la randa e accendere il motore e siamo dentro. Troviamo ancora il posticino che avevamo identificato due anni fa. In fondo al fiordo, con un fondo di tre metri che ci permette sogni tranquilli, un calumo umano e la certezza di non morire al momento di levare l'ancora. Stavolta non restiamo in barca: a terra ceniamo ancora una volta da “Corto Maltese”, un ristorante un po' defilato. Simonetta trova una buona tagliata, Paolo e Cristina “totano alla diavola” e vongole e cozze (e non ce la fanno a finirli), io spaghetti con la bottarga. Dopo una passeggiata e un gelato per Paolo torniamo a bordo, Il sonno ci prende in fretta, aiutato dalla mancanza di onde, nonostante il rumore diffuso dall'animazione di un villaggio turistico poco lontano.

Quando salpiamo è ormai metà mattina, ma non abbiamo fretta. La prossima meta è Marina di Campo. Finalmente, aiutati dalla brezza costiera si va a vela. Ci fermiamo agli Scogli Gemini per un lungo bagno su un fondale colorato e ricco di pesci. Poi proseguiamo. A Marina di Campo ancoriamo di fronte alla spiaggia e i bagni continuano. Quando scendiamo a terra è ormai buio.

La scoperta della sera non è la pizza, ma la libreria del porto. Oltre ai libri (Il sentiero dei nidi di ragno, una casa sull'albero, meridiano di sangue), i bambini scoprono la possibilità di una tessera per “clienti fedeli”, che rende lo sbarco a Marina di Campo più interessante. A cena con noi ci sono zii e cugini. Anche loro sull'isola, ma con tenda e gommone. Ci si da un nuovo appuntamento per il giorno seguente, a Marciana Marina.

Ci aspettiamo un po' di vento, almeno dalla punta nera. Invece, la brezza si fa desiderare e ci costringe quasi sempre a mantenere il motore anche andando a vela. A Marciana il porto èpieno, ma si può ancorare alla ruota. Su uno dei moli c'è un grande palco e la Guardia Costiera gira senza sosta, facendo spostare le barche ancorate più lontano. Siamo costretti ad ancorare in rada completamente privi della protezione della diga foranea. In compenso il fondo è sabbioso e l'ancora morde bene. La sera e la notte infatti, spesso, a Marciana si alza una brezza violenta.

Il palco serve per due concerti: il primo la sera del nostro arrivo è di un musicista cubano e di una cantante capoverdiana. Le prove fanno presagire una serata interessante, anche se un po' ventosa. Dall'inizio del concerto, invece, il vento cala e invece si alza un'onda da nord fastidiosa e forte: le barche alla ruota iniziano a girare ognuna per conto suo, con tempi e direzioni diverse. Simonetta e io, come tutti gli altri equipaggi, smettiamo di prestare attenzione alla musica e corriamo dalla prua alla poppa e da una fiancata all'altra per evitare che Patu Patu urti o sia urtata. Intanto gira la voce che alla fine del concerto sarà
possibile entrare ed ancorare in porto. Per tutte le persone a bordo delle barche inizia un'attesa spasmodica, ma sono ormai le due e mezza di mattina quando la musica smette e le prime barche levano l'ancora e si spostano. Intanto qualche incidente c'è stato: diverbi verbali, ma anche la prua di un motoscafo che entra nella fiancata di un'altro.

Noi non ci spostiamo, ormai una certa distanza ci separa dalle barche circostanti. Nonostante questo (e anche per la forte risacca che continua) non riusciamo ad addormentarci. Paolo e Cristina invece dormono tranquillamente e si svegliano soltanto a mattina fatta, quando ormai abbiamo cambiato il luogo di ormeggio e ci siamo sistemati a fianco dei pontili del Circolo Velico. Restiamo ancora a bordo per un po', a verificare la tenuta dell'ancora e – soprattutto – a guardare come ormeggiano le barche intorno a noi. Fuori del porto c'è un po' di mare e dalla radio arriva notizia di burrasche sul Mar Ligure. Decidiamo di rimanere.

Ci attende un altro giorno di spiaggia. Stavolta su una spiaggia sassosa, con onde frangenti che ricordano quelle dell'oceano. Per i bambini un altro giorno fermi vuol dire giochi con i ragazzini del luogo (che invece “latiteranno”) e con i cugini.

A trattenerci un po' è stato anche il fatto che la sera è previsto un altro concerto. Stavolta si tratta di “Caparezza” (quasi ignoto a noi adulti, ma conosciuto e apprezzato dai più giovani). E stavolta il concerto si può seguire con agio. Peccato che siamo tutti talmente assonnati da addormentarci appena la musica si interrompe.

La mattina dopo si inizia il ritorno. Decidiamo di non passare per la costa nord, ma di tornare a Sud. Arriviamo in tarda mattinata, dopo una navigazione un po' a vela un po' a motore, spesso con vento in poppa a Marciana. Non è stata una navigazione ininterrotta, ma il bagno in una bella caletta è stato disturbato dall'arrivo di un branco di piccole meduse.

Stavolta decidiamo di ormeggiare a sud del porto, in una rada circondata dal bosco, ben protetta da sud e da ovest. Da quando diamo fondo all'ancora fino alla mattina dopo, quando la issiamo nuovamente, il vento non ci abbandona mai: è una forte brezza da Nord, che scende giù dalle colline e si incanala tra le valli. E' proprio il vento continuo che rende i movimenti della barca all'ancora dolci e regolari e che con il suo rumore tra le sartie favorisce il sonno fino alla mattina dopo.

Levata l'ancora a vela facciamo rotta sull'Isola del Giglio. Ormai è venuto il tempo di tornare. A poche miglia dalla costa però il vento gira e ci abbandona. Ci aspetta una lunga navigazione a motore. Con qualche sorpresa però.

Ormai a più di dieci miglia dall'Elba iniziamo a sentire dei rumori intorno alla barca. Sotto l'acqua si intravedono delle forme grigio-azzurre e allungate. Tante. In principio pensiamo a un branco di delfini, ma nessuno salta fuori e anche se sottacqua non si distinguono bene sembra che abbiano la coda verticale. Dopo un po' è evidente che siamo circondati da un branco di tonni, alcuni dei quali abbastanza grossi. Alla lenza che ci trasciniamo dietro inutilmente ne aggiungiamo un'altra. Anche lei viene snobbata dalle centinaia di pesci che ci nuotano attorno.

La navigazione continua tranquilla fino al Giglio. Stavolta però la rada a fianco al porto è affollata e doppiamo cambiare due volte ancoraggio. Operazione faticosa, visto che il fondo è di oltre 10 metri e noi non abbiamo un verricello per l'ancora. Una volta completate le operazioni di ormeggio ci raggiungono Gabriele e Andrea, che prelevano sul loro gozzetto Paolo e Cristina. Simonetta e io li raggiungiamo dopo un po'.

Maresa, Gabriele e Andrea ci fanno trovare una cena domestica piacevole, seguita da un gelato e una caipirinha nei locali dell'isola. Paolo decide di restare a dormire a terra. Le condizioni meteo sembrano tali da permettere di restare all'ancora anche il giorno seguente.

Ci svegliamo presto. Per il rumore del vento, ma soprattutto per il beccheggio e il rollio. Il vento è girato. Ora è da sud, è forte ed è in aumento. Ascoltando il bollettino sentiamo che è previsto un sud forza 6 sul Tirreno settentrionale. Probabilmente è proprio quello che sta iniziando. Decidiamo di lasciare l'ancoraggio e di cercare di andare direttamente verso Riva di Traiano: la situazione di alta pressione stazionaria sta iniziando a mutare e abbiamo pochi giorni per tornare a casa.

Alle sette, facciamo cadere dal letto Maresa, chiedendole di portarci Paolo sulla banchina del traghetto. Con un salto è a bordo, ancora completamente addormentato. Approfittiamo della calma del porto (che è pieno e non offre nessuna possibilità di ormeggio) per recuperare il motorino dal tender, issiamo le vele con due mani di terzaroli e facciamo rotta verso Sud Est. Il vento però ci getta verso Porto Ercole, proviamo ancora un po', ma dopo due ore decidiamo di rinunciare. Poggiamo di qualche grado e la barca fila che è una meraviglia verso Porto Santo Stefano. Il vento sembra aver girato un po' decidiamo di riprovare con una rotta verso Sud. Ancora un paio d'ore di bolina, ma ci accorgiamo che il vento ci fa scarrocciare a ovest di Giannutri. Rinunciamo e riprendiamo la rotta per Porto Santo Stefano. Una volta passata l'Argentarola il vento diventa meno violento e possiamo togliere i terzaroli. Di fronte al porto, poi, siamo costretti ad accendere il motore.

In porto non c'è posto. C'è posto invece al pontile pubblico sul lungomare. Ma per quel pontile è prevista una sola tariffa: 180 Euro, senza rapporto con la dimensione delle barche (certo sono previste quelle grandi... ma nulla impedisce alle piccole di ormeggiare, se pagano). Ormeggiamo nuovamente in rada, di fronte a Pozzarello, dove ci sono un po' di altre barche. L'ancora ara e morde solo dopo un po' di manovre. Finito l'ormeggio noi adulti crolliamo stesi. I bambini invece iniziano a giocare nell'acqua.

Quando partiamo, la mattina dopo il vento è ancora altrettanto intenso.

Siamo costretti a costeggiare tutto il promontorio a motore – con una velocità variabile tra i 2 e i 3 nodi. Una volta liberi, però, possiamo spegnere e continuare con le sole vele.

Una lunga bolina, con velocità tra i 5,5 e i 6,5 nodi, ci porta fino a Tarquinia. Via via che si scende a Sud, il vento e il mare calano. Arriviamo a Riva di Traiano la sera, a motore, non prima di aver incrociato due navi in uscita dal porto di Civitavecchia. La pizzeria del porto ci nutre la sera. La mattina dopo si esce dal porto con poco vento, a motore. Poi, per fortuna, il vento gira un po' ad ovest e ci consente un'altra lunga bolina fino all'ingresso del Tevere.

E' come se qui il vento forte dei giorni passati non fosse mai arrivato. Entriamo a vela in un fiume piatto, senza tracce della risacca che si forma con vento da Sud Ovest.

1 commento:

Pergus ha detto...

Be mi sembra una buona crociera con gli inconvenienti del Tirreno, dall'affollamentoai prezzi alti, all'assenza di vento fiono al troppo ventocontrario. Tutto come da copione. Complimenti per la buona riuscita. Noi siamo a Creta, domani arrivano Jacopo Carlo Fabrizio e Mario e partiamo per Port Said.