giovedì 11 settembre 2008

Le barche delle isole






Da Miami fino a Everglades City una costante è la presenza di barche. Ne abbiamo viste di ogni tipo.
Più numerose quelle a motore per la pesca d'altura (con motorizzazioni enormi) o per la pesca nelle “backwaters”, le acque basse e i canali tra le mangrovie: barche piatte, lunghe sui 5 metri, con motori di 100 – 150 hp, magari affiancati da un motorino elettrico, necessario per andare veloci e restare in planata proprio nei luoghi dove la profondità è minore e altrimenti la barca potrebbe toccare il fondo. Numerose anche quelle a vela, quasi tutte tra gli 8 e i 10 metri, dal disegno “classico” e con alberi con un solo ordine di crocette. Spesso con la deriva mobile o con la chiglia lunga “shoal draft”.
C'è anche qualche catamarano: catamarani di lusso (e barche europee) a Miami, catamarani autocostruiti o progettati per portare i turisti a fare snorkeling o a bere un Planter's Punch al tramonto, nei Keys.
Infine, ci sono i pescherecci. Le barche da pesca professionale – con le gabbie per le aragoste e con i palamiti per i grandi pesci – hanno, da lontano, un aspetto non troppo dissimile da quello delle barche per la pesca d'altura: la prua alta, la carena che è a V profondo a prua e poi si appiattisce in modo più o meno pronunciato a poppa, lo specchio di poppa piatto e a volte aperto. La differenza è maggiore se si guardano da vicino: le finiture sono grossolane, il ponte di poppa è più ampio, con un grosso verricello per il recupero di pesci e gabbie, il motore è un grosso diesel rumoroso che le spinge in dislocamento, con velocità sugli 8 nodi.

Per ogni barca un capitano. Sulle tante barche che praticano il charter quasi sempre ha alcuni tratti caratteristici: è abbronzato (ma sarebbe difficile non esserlo), ha un berretto da baseball o a larghe tese, ma soprattutto indossa gli occhiali da sole e ha un po' di barba. Un aspetto comune, quasi standard, un po' dovuto all'esigenza di essere visibili e di richiamare nella mente “Isole nella corrente” o i film tratti da “Avere e non avere”e da “Il vecchio e il mare”, un po' anche dovuto alle necessità. Le lenti polarizzate sono indispensabili per navigare “Bahama style” (cioè guardando i colori del mare, per capire che fondo c'è) e non affidarsi soltanto ai GPS cartografici. Molti sono in attesa. E' bassa stagione. I clienti sono pochi e intanto le barche continuano ad avere le loro spese, il prezzo del combustibile aumenta e c'è anche la vita quotidiana che aspetta, fuori del porto.

In qualche caso i comandanti hanno voglia di parlare e di raccontare delle loro navigazioni e della barca che possiedono al di fuori del lavoro (come è stato per il comandante di un catamarano per turisti, che ha raccontato del suo piccolo ketch e dei viaggi alle Bahamas, da fare lasciando Key Largo la sera, navigando al largo la notte e atterrando la mattina, con il sole che rivela i banchi di corallo sotto le onde). A volte invece il comandante rimane discosto e si vedono soltanto i marinai, come è capitato andando a pesca su una “party boat” chiamata “Sailor's choice” a Key Largo, o con la R.V. di Key West, una barca per la pesca delle aragoste, approdata per un'ora alla banchina di Fort Jefferson su Garden Key, nelle Dry Tortugas. Il tempo di toccare terra dopo cinque giorni di mare e di portare il cane dell'equipaggio a sgambettare un po', per poi ripartire prima del buio ed ancorarsi in rada (dal tramonto all'alba non ci possono essere barche ormeggiate al pontile). I marinai – pescatori erano quattro: uno nero, di lingua spagnola (cubano?) altri tre dall'Alabama e dal South Carolina.
La barba lunga, i capelli corti, con magliette e bermuda che avevano avuto periodi migliori, tatuati sulle braccia, sul torso e sulle gambe e, più nel personaggio di tutti gli altri, uno con un'ancora azzurra tatuata sulla fronte e sul naso, sotto i capelli rossi e su una lunga barba. A differenza del comandante, silenziosamente rinchiuso in cabina, lui ha una gran voglia di parlare e di scherzare, e lo fa con i - Luca, Paolo e Cristina – a pescare una cernia gigante, mostrando i muscoli tesi nello sforzo di resistere alla fuga del grande pesce attaccato all'amo, ricordando la sfida tra l'uomo e il pesce nello stile di Spencer Tracy.

Anche nei Keys qualche barca è li a far mostra di sè, magari appesa di fronte a una grande villa. La maggior parte però sembrano “in uso” e soprattutto sembrano fortemente legate a specifiche utilizzazioni. Questo comporta una grande diversificazione.

Non ci sono soltanto motoscafi e barche a vela buoni un po' per tutto, ma soprattutto a essere guardati dalle banchine dei marina (oppure, al contrario, trascurati dalla mancanza di tempo degli armatori). Ci sono barche per pescare in alto mare (carena a V, grandi motori, una cabina, posti per le canne, vasche per le esche, sedile per pescare, ... e nessun cuscino), barche per andare a pesca nell'interno (carena piatta, la coperta chiusa fin quasi a poppa, un grande motore che le faccia planare e dei motorini elettrici per muoversi tra le alghe senza far rumore), le barche per andare a fare il bagno, quelle per fare crociere alle Bahamas (double ender, per esempio), quelle per restare nella baia (shoal draft) e così via, fino ad arrivare alle strane forme di un catamarano che era ancorato a Key Largo proprio di fronte al nostro motel, con una panca che correva lungo l'intero pozzetto e un voluminoso scivolo a poppa, proprio a fianco della piccola ruota del timone. Ci sono anche le barche per abitarci: da Key Largo a key West si possono vedere decine di comode “houseboat” ormeggiate qua e là. Normalmente non hanno neanche il motore.
Guardando le barche si scopre un gusto dell'andar per mare che in Italia sembra raro e che non sembra legato all'esigenza di dimostrare che si è più o meno ricchi (come nel caso di un motoscafo che era ancorato in agosto all'Elba, chiamato “Because we can”) o più o meno raffinati. Così può capitare di incontrare una barca non cabinata (ma con due grossi motori) che per pescare si allontana di 90 miglia dalla costa, passando la notte in rada presso qualche isola semideserta.
L'idea che le barche servano a navigare piuttosto che a dimostrare altro si coglie anche nella diffusione di “discount” nautici (dove ci si fa vanto di costar poco, ma dove si trova tutto ciò che serve per navigare) e nelle forme di pubblicità dei charter diffusi in tutti i porticcioli, dove praticamente nessuno parla di sé in termini di “esclusività”.
Un altro elemento è evidente guardando le barche: che ci si trova in una condizione di crisi e che per molti il mito della propria barca si è rivelato insostenibile. Le barche in vendita lungo la US 1 e quelle nei cortili a fianco dei “banchi di pegno” sono numerose quanto quelle in mare.

1 commento:

Pergus ha detto...

In effetti il momento sarebbe propizio per acquistare una barca negli USA. Approfittane, torna con un bel Bruce Roberts.