giovedì 25 settembre 2008

Pesca con tornado






Di ritorno dalle Dry Tortugas, dopo una mattina a curiosare tra le gallerie d’arte e tra i quartieri meno turistici – vale a dire i progetti di edilizia popolare – di Key West, abbiamo ripreso la US 1 verso Nord.
Non abbiamo una destinazione definita.
Curiosiamo un po’ qua e un po’ là, ma poi – spinti anche dal fatto che sia Cristina sia Paolo sembrano non star bene – decidiamo di tornare a Key Largo, nello stesso motel dove siamo già stati.
Il fine mai dichiarato della fermata a Key Largo è quello di andare a pesca.
Non vogliamo affittare un potente motoscafo per pescare i marlin, ci basta salire su una delle barche che portano gruppi di persone a pescare al largo (e che se hanno fortuna tornano anche con i marlin o i mahi mahi, oltre agli snapper e agli altri pesci che vivono presso il fondo).
Per tre volte andiamo inutilmente al porto da cui partono le barche per il "party fishing" a cercarne una.
Il maltempo che accompagna l’arrivo dell’uragano Gustav, che dopo esser passato su Cuba è ormai diretto verso la Mississipi, Luisiana e Texas, si fa sentire anche qui da due giorni e nonostante sia il fine settimana successivo al Labour Day c’è poca gente nei Keys e le barche restano senza clienti e non escono in mare.
Però le sere sono magnifiche. Nel buio si vedono i fulmini che illuminano il Golfo del Messico, squarciando il manto di nuvole scure che è all’orizzonte anche più volte in un minuto.

Dopo due giorni, la domenica mattina, finalmente troviamo una barca che esce: è uno scafo di alluminio di quasi 20 metri, insieme a noi ci sono un cubano sui quarant’anni accompagnato da due ragazzi e da un voluminoso set di canne e attrezzi da pesca e quattro indiani, un anziano, un uomo adulto e due bambini. Anche noi siamo quattro, Simonetta, Cristina e Paolo (che hanno ripreso le loro energie) e io.
Appena saliti in barca si nota la scritta: "linguaggio scurrile, bevande superalcoliche e GPS non sono consentiti".

Da ormai parecchi anni lo sfruttamento dei luoghi di pesca più usuali ha spinto molti skipper dei Florida Keys a fabbricarsi le proprie riserve private, non segnate sulle carte: si imbarcano su una barca una carcassa di automobile e un po’ di copertoni usati, si va al largo e si gettano in mare, segnandosi la posizione, così creando scogli e barriere artificiali che in pochi mesi sono coperti di vegetazione e ricchi di pesce. I luoghi, ovviamente, sono tenuti segreti agli altri pescatori.

Nel nostro caso – forse anche per le condizioni meteo che non sono proprio ottimali: scrosci di pioggia violenta si alternano a pochi momenti di sole, il vento soffia intenso da un paio di giorni, l’onda è ormai formata e si vede anche un po’ di schiuma – la barca non si dirige verso un luogo lontano e invisibile. Si limita a far rotta verso la barriera corallina, a 7 miglia da terra.

Appena usciti dal porto canale, il cubano mette in acqua la lenza, come esca ha un polipetto di gomma gialla lungo una ventina di cm. L’amo sarà lungo almeno 4 o 5 cm. Passa solo qualche secondo e la canna si piega. Il cubano la prende e lascia andare il filo, poi lentamente, facendo forza anche con la schiena, lo recupera. E’ un grosso barracuda, lungo più di un metro.

Quando è arrivato sotto la poppa della barca, che intanto ha rallentato, non lotta più, ma è ben vivo. Viene tirato a bordo con un gancio e messo dentro una ghiacciaia, poi il filo viene tagliato e viene data a tutti la proibizione di andare a guardare il pesce, che continua a dibattersi. Un morso lascerebbe un bel segno.

Si riprende la navigazione, ma non abbocca più nessun pesce, nonostante il cubano cambi di tanto in tanto l’esca.

Siamo quasi sulla barriera quando i motori vengono fermati e si dà fondo all’ancora (una specie di grappino autocostruito). La barca rolla con violenza.

Vengono distribuite le canne e le esche e tutti si distribuiscono intorno alla barca. I pesci abboccano in quantità. Ogni pesce tirato a bordo (sono soprattutto snapper e cernie) viene misurato e se non rispetta le dimensioni minime previste rigettato in mare. La pesca continua per un po’. Il cielo intanto diventa sempre più scuro.

A un certo punto, dall’orizzonte inizia ad avvicinarsi velocemente una grossa nuvola nera. Da lontano sembra un cumulo, ma via via che si avvicina e si vede il suo effetto sull’acqua diventa evidente che è un tornado. Pochi secondi e ci prende in pieno: la barca nonostante la sua stazza sbanda violentemente, tutti gli oggetti che non sono fissati vengono sollevati e portati via (ma per fortuna quasi tutti ricadono a bordo), le persone che non sono in luoghi protetti o non hanno un appiglio a portata di mano cadono.

Il tornado, come arriva, se ne va. E’ durato solo qualche secondo. Si è lasciato dietro però un mare scuro e onde sempre più grandi.

Il capitano vorrebbe spostarsi su un altro luogo di pesca (stavolta penso proprio uno “privato”) ma il mare si fa sempre più grosso. Alcune persone iniziano a mostrare le faccie livide per la paura e per il mal di mare. Meglio tornare.

1 commento:

cicciopettola ha detto...

"il tornado come arriva se ne va"
..ok ti credo, se lo dici tu! :)