lunedì 20 settembre 2010

Tre mari : 1 - Tirreno, Ponza


Il nostro Agosto è trascorso su tre mari: il Tirreno, lo Ionio e l'Egeo.

Iniziamo dal Tirreno.

La partenza da Fiumicino è incerta fino all’ultimo momento: è il primo agosto, abbiamo lavorato fino a poche ore prima e siamo stanchi per pensare di partire la mattina presto, ma non è chiaro dalle previsioni come saranno il mare e il vento e se permetteranno di dormire comodamente in rada ad Anzio. Alla fine, decidiamo di partire. Alle 2 del pomeriggio Patu Patu molla gli ormeggi ed esce dal Tevere. La brezza è leggera, per un bel pezzo andiamo avanti a motore, anche se con la randa. Soltanto dopo un paio d’ore il vento diventa più intenso: a vela arriviamo fino alle prime case di Anzio, poi però il vento cala di nuovo e gira ancora più a nord-ovest. Siamo costretti a riaccendere il motore. Quando arriviamo troviamo un po’ di onda lunga e poche barche in rada. Ancoriamo su meno di 3 metri d’acqua e dormiamo tranquilli fino al giorno dopo.

Anche da Anzio a Ponza siamo costretti ad accompagnare spesso le vele con il motore. Per un po’però ci accompagna un gruppo di delfini: come sempre non c’è verso di fotografarli (chi sa dov’è la macchina fotografica!).

Arriviamo a Ponza nel primo pomeriggio, il vento è più forte e ci consente di spegnere il motore e di fare un bel giro a vela. Sotto vela arriviamo fino alla Cala d’Inferno, dove ancoriamo relativamente vicini a terra e allo “scoglio del parroco”.

Nonostante i pontili in porto non siano attivi, l’isola è affollata e anche la rada: le previsioni per la settimana danno sempre venti da Ovest e Nord Ovest e tutti hanno dato fondo all’ancora sul versante orientale dell’isola. Per fortuna, la maggior parte delle barche vuole mantenersi vicina al porto e al paese, restando ancorata di fronte alla spiaggia del Frontone.

Per noi inizia una settimana con poca vela (restiamo all’ancora in permanenza), che però viene spesa a esplorare con pinne e maschera tutto il versante orientale dell’isola.

Le frane dell’anno scorso a Ventotene hanno spinto l’amministrazione di Ponza a chiudere l’accesso alla maggior parte delle spiaggie: piccole boe a qualche metro da terra limitano l’area preclusa alla navigazione e alla presenza degli uomini. Non disturbano. Al contrario, costituiscono un limite oltre il quale l’impatto della folla viene ridotto e un “percorso” per l’esplorazione dell’isola.

A nuoto, rimorchiando il tender, scopriamo le grotte (grandi e piccole), i passaggi al di sotto degli scogli e dei faraglioni, le peschiere romane delle grotte di Nerone, le piccole baie circondate dagli scogli. Come sempre i pesci sono soprattutto piccoli, ma per la prima volta ci capita di vedere a Ponza anche una murena.

Restando in barca così i ritmi si rallentano. L’orologio non serve più e il tempo che si prende è quello del corpo e dell’ambiente: ci addormentiamo presto, dopo aver guardato un po’ le stelle e ci svegliamo presto. Quando ancora l’isola dorme ci tuffiamo, lentamente facciamo colazione e poi iniziamo i nostri giri a nuoto, torniamo in barca a mangiare (e restiamo nascosti, che intanto sono uscite le barche a noleggio e sono arrivati i motoscafi) e poi a volte in acqua a volte a leggere o dormicchiare al riparo dal sole, fino a sera. Quando la rada inizia a svuotarsi (presto perché il fatto di rimanere sottocosta a oriente fa sì che l’area in cui siamo ancorati resti all’ombra già dopo le cinque del pomeriggio e diventi poco interessante per le signore che si abbronzano sui motoscafi).

A terra andiamo solo due volte: a gettare la spazzatura (che in barca si produce comunque) e a guardare internet (il lavoro mi insegue, anche se in modo relativamente poco invasivo).

Il tempo però passa comunque e sappiamo che a fine settimana dovremo tornare a Roma. Le previsioni meteo non sono le migliori: una perturbazione che porterà venti forti da nordovest è attesa per giovedì e il vento si manterrà nella stessa direzione anche il venerdì, per iniziare a calare soltanto nella giornata di sabato. Giovedì sera puntualmente il vento rinforza, nuvole nere a Nord – Nord Ovest si iniziano a vedere e poi rapidamente raggiungono l’isola donandoci uno spettacolo affascinante (un pittore inglese della fine del ‘700 avrebbe parlato di sublime, ma la macchina fotografica del mio cellulare non è in grado di “restituire” le sensazioni). Del fatto che la nostra ancora abbia fatto testa e sia sicura siamo ormai certi, dopo le raffiche che soffiano dal pomeriggio, in ogni caso però caliamo anche il “salmone” che da anni ci portiamo dietro e usiamo in queste occasioni: un grosso peso di piombo (forse 15 kg ?) che viene calato lungo il calumo aumentandone il peso (il nostro calumo è misto: circa 20 m di catena e poi cavo, in questo caso siamo ancorati su circa 4 metri di fondo, e abbiamo un calumo di circa 23 m).

Quando cala la notte inizia a soffiare davvero. Non abbiamo l’anemometro ma anche a poche decine di metri da terra si alza un po’ d’onda. Fisso il tender a poppa con una seconda cima, fissata sui tre occhielli che sono sotto la sua prua. Siamo tranquilli, ma dormiamo con un occhio solo, ascoltando il vento che ulula scendendo dall’isola e passando tra le sartie. La mattina vediamo ancorate più al largo due grandi barche: una chiamata “Nero” a motore, ma con qualche riferimento alle barche del principio del ‘900 (non è bella, ci viene in mente che possa appartenere ed essere stata disegnata da un produttore di Manga), l’altra è una nave a palo con quattro alberi a vele quadre e una bandiera poco riconoscibile: forse una nave scuola.

Il vento continua a raffiche anche il giorno dopo. Abbiamo programmato di partire la sera, approfittando del fatto che è previsto che il vento cambi un po’ la sua direzione: prima spostandosi a Nord e poi a Ovest. Forse riusciremo a evitare il maestrale sul dritto di prua. Prepariamo sulla carta la rotta per superare gli scogli tra Ponza e Zannone al buio e segnamo anche sul gps il passaggio. In realtà tutto questo lavoro non serve: verso le 8 decidiamo di partire, c’è vento (anche se a ridosso dell’isola è un po’ a raffiche e cambia spesso direzione) e c’è luce.

Iniziamo con il mare quasi piatto, a ridosso dell’isola, ma una volta passata Gavi iniziano le onde (dritte sulla nostra prua) e il vento si sente. Siamo costretti a una rotta che non è proprio l’ideale (intorno a 130°), mantenendola non riusciremo ad arrivare neanche ad Anzio, ma non ci va di andare a motore. Continuiamo a vela fino all’una di notte: PatuPatu viaggia di bolina sui cinque nodi (ogni tanto li supera anche di parecchio) sull’onda formata, con la prua spazzata dagli schizzi e dalla schiuma, ma è un piacere: prima c’è il tramonto dietro Palmarola, poi le stelle iniziano ad essere sempre più numerose e visibili. I ragazzi restano in pozzetto finchè c’è un po’ di luce, poi scendono sotto coperta. Io e Simonetta rimaniamo fuori per un po’, poi anche Simonetta va a dormire e io rimango al timone. E’ l’una di notte quando mi arrendo, metto la prua su Fiumicino, avvolgo il fiocco e accendo il motore. La randa aiuta un po’, ma spesso sbatte. Manteniamo comunque una velocità sui 5 nodi, intanto il mare lentamente tende a diventare meno violento e le onde tendono ad addolcirsi: lascio il timone al pilota automatico. Passiamo al largo di Anzio vedendo soltanto due luci di barche in mare e una grossa nave tutta illuminata. La mattina presto Simonetta viene a darmi il cambio e io scendo a dormicchiare in cuccetta. Continuamo soprattutto a motore e ogni tanto a vela fino a Fiumara. Quando entriamo nel fiume, col motore acceso al minimo, la randa ammainata e il fiocco aperto è appena passato mezzogiorno.

1 commento:

cicciopettola ha detto...

aspettiamo allora le puntate 2 e 3!
:)